XIII GIORNATA NAZIONALE - DOMENICA 21 MAGGIO 2023 - CLICCA QUI - Toscana
anno 2023
Centro Storico - Giardino di Palazzo Malenchini
Dal 21-05-2023
Descrizione
In occasione della Giornata Nazionale ADSI 2023 il giardino di palazzo Malenchini sarà visitabile gratuitamente. Ingresso libero, senza prenotazione. Orario di apertura: 10.00-13.00/14.30-17.30
Dimora: Palazzo Malenchini
Nella prima metà del XIV secolo la nobile famiglia degli Alberti, proveniente dal castello di Catenaia nel Valdarno casentinese - da cui deriva il loro stemma composto da due catene poste in una croce decussata-, cominciò ad acquistare alcune case verso via de’ Benci, nelle immediate vicinanze del ponte di Rubaconte, oggi ponte alle Grazie. Tali possessi aumentarono nel 1358 con l’acquisto di 2.450 braccia quadre - pari a circa 800 metri quadrati - di terreno lungo l’Arno, vicino a “messer Rubaconte’’. Alla famiglia appartenne il celebre architetto e teorico del Rinascimento, Leon Battista Alberti (1404-1472) che abitò in questo luogo. A Firenze, l’Alberti progettò tre capolavori su commissione della famiglia Rucellai: il completamento della facciata della chiesa di Santa Maria Novella nel 1456, il palazzo Rucellai in via della Vigna Nuova con la splendida facciata realizzata tra il 1450 e il 1460 e, nel 1467, il marmoreo tempietto del Santo Sepolcro nella cappella Rucellai della chiesa di San Pancrazio. Pur non potendo seguire esattamente le varie vicende costruttive del palazzo in questione, sappiamo tuttavia che la residenza gentilizia mantenne l’aspetto di un agglomerato di case, casette e botteghe che, riunite all’interno, davano sul retro verso una zona ad orto o giardino. Ricordiamo che una veduta delle case degli Alberti in via de’ Benci e del relativo spazio verde annesso, si trova nel noto affresco di Giorgio Vasari (1511-1574), nella sala di Clemente VII a palazzo Vecchio, riproducente una “Veduta generale di Firenze da sud al tempo dell’assedio dell’esercito imperiale nel 1529-1530". L’aspetto attuale del palazzo, con l’unificazione delle facciate delle numerose casette preesistenti, risale al 1760-1763 e si deve a Giovan Vincenzo Alberti (1715-1788), figlio del senatore Braccio e consigliere del granduca Francesco Stefano di Lorena a Vienna e di suo figlio Pietro Leopoldo a Firenze. Alla morte di suo figlio, Leon Battista Alberti (1759-1836), scomparso senza eredi nel 1836, il complesso passò ad un nipote della famiglia Mori Ubaldini, che egli aveva affiliato con l’obbligo di rinnovare il nome degli Alberti. La nuova famiglia degli Alberti Mori Ubaldini, entrata in possesso di tali beni, incaricò nel 1840, l’architetto Vittorio Bellini (1798-1860) ed altri artisti, di ristrutturare, ampliare, decorare il palazzo e risistemare il giardino. L’architetto Bellini disegnò l’attuale facciata neoclassica prospiciente il lungarno inserendo una ringhiera sostenuta da un intercolumnio dorico con trabeazione che funge da terrazza panoramica, alla quale conducono due scalette gemelle elicoidali collocate ai lati del portale d’ingresso. Nel giardino l’architetto Bellini inserì su un lato un “tepidarium” poi trasformato in quartiere di abitazione. La costruzione del doppio loggiato o galleria lungo il lato nord del giardino, fu invece eseguita su progetto dell’architetto Niccolò Salvi in occasione di altri interventi avvenuti nel 1849. Vittorio Bellini fu, in un secondo tempo, nuovamente incaricato nel 1874 dagli Alberti Mori Ubaldini, di edificare sul proprio terreno un oratorio, per sistemarvi l’immagine miracolosa della Madonna. Ancor’oggi l’Oratorio di Santa Maria alle Grazie si erge sul lungarno Generale Diaz al confine con il giardino. Quest’ultimo, che fino alla metà dell’Ottocento, manteneva una conformazione all’italiana, fu trasformato in un giardino all’inglese, seguendo la moda del tempo. La sistemazione romantica data allo spazio verde retrostante il palazzo è pervenuta fino a noi ed è caratterizzata da una grande aiuola di forma curvilinea tenuta a prato e ombreggiata da piante ad alto fusto. La facciata prospiciente via de’ Benci, fu sistemata in forma omogenea nel 1849 mediante l’opera dell’architetto Odoardo Razzi il quale creò, secondo la moda dell’epoca, un nuovo prospetto in stile neo-quattrocentesco con bugnato su tutta la superficie e un grande portale d’ingresso dal quale si poteva ammirare la parte centrale del giardino. Sul prospetto fece inoltre apporre due piccole lapidi, a ricordo dello stato di queste case nel lontano Quattrocento e all’inizio dei lavori del 1849. Nell’atrio d’ingresso al palazzo da via de’ Benci, una lapide in marmo collocata sulla parete, ricorda il patriota Vincenzo Malenchini, celebre antenato degli attuali proprietari. Nell’Ottocento infatti, il conte Arturo Alberti Mori Ubaldini, trasferitosi a Parigi assieme alla moglie Giulia Bartolini Baldelli, e costretto a liquidare gran parte del suo patrimonio per le spese eccessive e per le continue perdite al gioco, mise in vendita l’avito palazzo che fu acquistato dai duchi di Chaulnes, lontani discendenti degli antichi Alberti. Trasferitisi a Firenze, i duchi di Chaulnes, lasciarono tuttavia la città nel 1887 e il palazzo con l’annesso giardino, divenne nel 1895, di proprietà del marchese Luigi Malenchini, scomparso nel 1948. I nuovi proprietari si resero celebri a Firenze per la loro squisita ospitalità e per i loro sontuosi pranzi e balli, cui parteciparono principi reali italiani e stranieri. La famiglia Malenchini, di antica nobiltà livornese, si era distinta durante il Risorgimento con il patriota Vincenzo Malenchini (1813-1881), instancabile propugnatore dell’unità e generoso sovvenzionatore di volontari nelle guerre d’indipendenza, alle quali egli stesso partecipò personalmente e con grande eroismo. Queste sue qualità gli valsero la nomina a senatore. Nel grande androne che introduce all’area verde, troviamo un frammento d’affresco degli inizi del XV secolo, che raffigura “San Cristoforo che trasporta Gesù Bambino sulle spalle”, proveniente probabilmente da una chiesa del nord Italia; una scultura della fine del XVI secolo raffigurante la “Lupa capitolina che allatta i gemelli Romolo e Remo e lo stemma della città di Siena” e due grandi pigne in maiolica invetriata verde della seconda metà dell’Ottocento. Dopo i gravi danni arrecati alla proprietà, sia dalla seconda guerra mondiale che dall’alluvione del 1966 con la quale l’archivio di famiglia Malenchini, sistemato a piano terra, venne totalmente distrutto, l’edificio ha ricevuto un importante e capillare restauro nel 2000-2003.
Indirizzo
Via dei Benci 1
50122 Firenze FI